IL TOURBILLON.
Articolo pubblicato da Marino Mariani e Luciano Zambianchi su orologidalmondo in due parti, risalenti rispettivamente al 17 ottobre e all'11 maggio 2012. Si riporta una versione integrale, senza modifiche.
Nel percorso tra le grandi innovazioni nel mondo dell’orologeria alcune tappe vanno dedicate al “Tourbillon”, o meglio, come è definito nel brevetto:”Regulateur à tourbillon”. Così lo chiamò Abraham-Louis Breguet il 26 giugno 1801 quando ne ottenne la registrazione. Sul sito ufficiale della Casa Breguet (www.breguet.com/en) è in mostra il documento che attesta il brevetto con la firma del Ministro dell’Interno francese Jean-Antoine Chaptal e una moderna foto del meccanismo. Jean-Antoine Chaptal, nominato da Napoleone conte di Chanteloup, era anch’egli uno scienziato (scoperse l’azoto cui diede il nome dinitrogeno) e un grande amatore d’arte: si occupò di individuare ed organizzare in Francia le decine di nuovi musei necessari per esporre le migliaia di opere d’arte “confiscate” in quegli anni dall’esercito di Napoleone. Ricordo anche che nel 1801 la rivoluzione è veramente finita! È l’anno del concordato tra Napoleone ed il Papa Pio VII, ed è in qualche modo l’anno del ritorno dell’ordine internazionale. Ma Breguet a suo modo aveva vissuto gli anni della rivoluzione e con la scelta del nome “Tourbillon” fece discutere: come può un “Turbine” permettere una maggior precisione? Anche se l’inventore non ha mai spiegato la ragione del nome, oggi a questo quesito siamo in grado di rispondere: in Francia, quelli tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 sono gli anni d’oro della fortuna di Napoleone, ma era ancora ben vivo il ricordo della rivoluzione (14 luglio 1789), e Jean Baptiste Le Rond d’Alembert era appena morto (29 ottobre 1783), ed era stato lui nell’ “Encyclopédie” (che sicuramente A-L. Breguet aveva letto) a riprendere e a diffondere il pensiero cartesiano secondo cui i pianeti giravano intorno al Sole sorretti dal loro Tourbillon”.D’Alembert a-veva anche allar-gato il concetto a tutto l’universo, in-teso come una e-stensione del sistema planetario solare. In quegli anni in Francia l’Encyclopédie era considerata una Bibbia laica, soprattutto dagli artigiani e dagli innovatori, ed A-L Breguet era uno scienziato mentre l’Encyclopédie era uno dei pochi strumenti di informazione tecnico-scientifica. Ecco quindi da dove deriva e che cosa rappresenta il Tourbillon : l’insieme delle forze, ma anche il bisogno d’ordine (ripreso anche da Voltaire nella sua metafora del “Grande Orologiaio”, che portava tutto a ruotare regolarmente intorno ad un unico asse, e quindi era il termine migliore per descrivere il meccanismo. Questa invenzione da sola sarebbe bastata a dare fama al suo ideatore, ma nel nostro caso non fu così. Se osservate con attenzione l’orologio animato che campeggia nella nostra copertina, scoprirete che è proprio un Tourbillon, scelto in omaggio al suo ideatore. Ma non tutti conoscscono il genio di Breguet: nel mondo dell’orologeria A-L Breguet è ancora oggi ben noto per il suo ingegno, benché pochi orologiai sappiano che fu lui ad inventare il Tourbillon, essendo la sua fama maggiormente collegata alla qualità degli orologi prodotti con il suo marchio (che dal 1999 è stato rilanciato dallo Swatch Group come leader nel settore degli orologi di lusso), alla particolarità della molla a spirale che porta il suo nome, alla forma delle lancette da lui ideate, alla sua ricerca ossessiva della precisione e dell’eleganza. La ragione di questa mancata conoscenza sta tutta nel particolare e limitato uso che di questo congegno (il Tourbillon) fanno i grandi produttori di orologi, ma anche nel fatto che, nei programmi di studio dei corsi per orologiai e degli Istituti Tecnici Industriali indirizzati all’orologeria , il Tourbillon è solo accennato Oggi il sistema Tourbillon, che fino all’inizio della seconda guerra mondiale garantiva una precisione diversamente irraggiungibile, non ha più l’esclusiva di quella funzione ed è rimasto, soprattutto con le sue moderne elaborazioni, la “complicazione” distintiva di meccanismi sofisticati ed esclusivi prodotti solo dalle aziende migliori. C’è da dire che per più di un secolo il Tourbillon non fu un meccanismo per gli orologi della gente comune, sia per l’estrema difficoltà di realizzazione, sia per i costi che da questa ne derivavano. Ma, come vedremo, è grazie a questo meccanismo che alcune manifatture svizzere di grande qualità si sono fatte conoscere, hanno dimostrato il livello della loro capacità produttiva. All’origine del Tourbillon c’è l’esigenza, molto sviluppata a metà del 1700, di calcolare esattamente le longitudini, usando cronometri sempre più precisi, quindi, in ultima analisi, la ricerca della precisione assoluta. Nel 1714 in Inghilterra era stata costituita (con il “Longitude Act”) una commissione per la longitudine con l’incarico di risolvere “il problema” principale della flotta di Sua Maestà: riuscire a definire in modo soddisfacente la posizione di una nave. La commissione era stata istituita dopo il tragico naufragio di quattro bastimenti inglesi con circa 2000 morti: le navi erano finite sugli scogli per non essere riuscite a fare “il punto”. Ad incentivo degli studiosi invitati a partecipare alla gara venne offerto un premio di 20.000 sterline (equivalenti a circa 7,5 milioni di euro) per chi fosse riuscito a far determinare la longitudine con un errore contenuto entro mezzo grado, 15.000 sterline per chi proponeva soluzioni entro i 2/3 di grado e solo 10.000 per chi proponeva una soluzione con l’approssimazione di un grado. Ho già parlato di questo quando ho scritto di Harrison e dei suoi cronometri, ma è naturale, visto che siamo negli stessi anni (John Harrison morirà nel 1776). L’Inghilterra era stata la prima nazione ad investire per risolvere il problema di “fare il punto” ma tutte le nazioni che avevano interessi commerciali oltre mare, o comunque una flotta, la seguirono. Breguet viveva, lavorava, ma soprattutto studiava e progettava a Parigi, dove aveva aperto nel 1775 la sua azienda in Quai de l’Horloge nel quartiere dell’Ile de la Cité, e ne venne coinvolto (era addirittura membro della Commissione per la Longitudine). Tra gli inglesi e i francesi si era sviluppata una sorta di competizione che aveva portato alla realizzazione di scappamenti cronometrici particolarmente efficaci. Al di là della soluzione di Harrison, John Arnold, che aveva come collaboratore Larkum Kendall, (che aveva realizzato gli ultimi cronometri di Harrison), aveva brevettato nel 1770 una trasmissione a doppia molla che evitava errori di scatto, mentre in Francia Ferdinand Berthoud, sempre nel 1770, aveva brevettato un altro sistema (sempre con una seconda molla) per ottenere lo stesso risultato. Entrambi questi scappamenti cronometrici riuscivano ad aumentare la precisione degli orologi che li montavano, ma era impossibile annullare l’effetto della forza di gravità sul bilanciere. L’unico sistema normale per annullare l’effetto che sul bilanciere ha la gravità terrestre è quello di far in modo che il centro di gravità del sistema bilanciere-spirale sia al centro del movimento rotatorio e che vi resti durante le oscillazioni, e questo è possibile mantenendo fermo in una determinata posizione l’orologio, ma è impossibile mantenere costante il baricentro del sistema (oscillante) molla-bilanciere quando l’orologio viene spostato. Ecco l’idea di Breguet: visto che è impossibile annullare questa influenza, allora la si può compensare. Per farlo decise di chiudere lo scappamento ed il bilanciere in una gabbia che rese solidale con la ruota dei piccoli secondi, in questo modo in ogni minuto veniva compensato l’errore introdotto dalla influenza della forza di gravità. Nel bellissimo filmato che vi invito a guardare ora, prima che io tenti di spiegarvi il funzionamento del Tourbillon di Breguet, vedrete una successiva realizzazione tecnica di questo meccanismo, nella versione “Tourbillon Volante” prodotto nella scuola di orologeria di Glashütte diretta da Alfred Helwig (filmato 1). Ho sperimentato che dopo aver guardato queste immagini resta più facile capire il funzionamento del meccanismo. Descriverò il Tourbillondi Breguet raccontandone il funzionamento, e nel farlo seguirò il disegno che ho trovato in internet. Per la cronaca, Breguet, nelle sue prime realizzazioni (circa 300 pezzi) usò lo scappamento di Arnold, poi per un centinaio di esemplari lo scappamento di Peto Cross, che integrava lo scappamento di Arnold con quello di Ferdinand Berthoud. Successivamente ideò uno scappamento a doppia ruota (che definì “scappamento naturale”) e poi arrivò ad introdurre lo scappamento ad ancora, ma come dicevo questo è solo per amor di cronaca. Nel descrivere il Tourbillon Breguet, eviterò di parlare dello scappamento cronometrico di Arnold, anche perché nell’illustrrazione non è rappresentato: nel disegno non è riportata la molla a spirale, ma c’è la viròla con il foro di fissaggio della spirale, potete facilmente immaginare la molla inserita sull’asse superiore del bilanciere. È presente anche il pitone di fissaggio della parte finale della molla a spirale (anch’esso con il foro per l’inserzione della zeppa), dalla posizione della viròla e del pitone si capisce che in questo Tourbillon la spirale è “Breguet”. I rubini su cui ruotano i perni sono rappresentati in rosso. Come al solito la ruota del bilanciere (D) viene sospinta (e a sua volta regolata tramite il bottone sul disco d’impulso sotto al bilanciere) dalla forcella dello scappamento e dalla ruota dello scappamento (F); l’insolito è che tutto questo è contenuto in una gabbia (A) formata da due parti collegate tra loro da alcune colonnine. La gabbia è solidale con il pignone dei secondi (B) ed è separata dalla ruota dei secondi (C). Nei meccanismi Tourbillon che compiono una rotazione completa in un minuto, la lancetta dei secondi è inserita sul perno del pignone dei secondi (che è anche chiamato “pignone della gabbia”). La ruota dei secondi è un anello dentato montato sulla platina (il blocco marrone). Sulla dentatura della ruota dei secondi ingrana il pignone dello scappamento (E) che trasmette l’energia alla ruota dello scappamento e contemporaneamente imprime il movimento rotatorio alla gabbia. Il perno del bilanciere e il perno del pignone della gabbia sono sullo stesso asse (che coincide con il centro della gabbia) ma non sono collegati. Il bilanciere, con il suo movimento, blocca e sblocca l’ancora sulla ruota dello scappamento, quando la ruota dello scappamento è libera, la gabbia ruota di un piccolo angolo, e dello stesso angolo ruota la lancetta dei secondi e così via. Dal disegno si vede molto bene che i componenti del sistema bilanciere-scappamento sono tutti imperniati all’interno della gabbia, che è a sua volta imperniata alla platina attraverso due perni (quello superiore e quello dei secondi). In questo movimento la gabbia con i suoi componenti compie una rotazione completa ogni minuto. A parte la gabbia gli altri componenti del meccanismo hanno la solita funzione che svolgono nei normali orologi, anche il numero dei giri della ruota dello scappamento (e quindi il numero delle oscillazioni) non varia rispetto ai ruotismi analoghi, quindi non sembrerebbe esserci una vera complicazione. In realtà la gabbia e il bilanciere devono essere allineati perfettamente: sono i perni del bilanciere e i perni della gabbia che devono essere perfettamente centrati, e questo non è facile. Poi ci sono le masse: il risultato ottimale si ha con il minimo peso della gabbia e del suo contenuto, ma la gabbia è a sua volta una massa rotante che va bilanciata come ognuna delle ruote della nostra autovettura. Per bilanciare la gabbia si usano piccoli pesi, di solito viti d’oro (non i piombi dei gommisti!) ma meno pesi si usano e meglio è, proprio per il fatto che se la gabbia non avesse massa non sarebbe soggetta alle variazioni di movimento dovute alla forza di gravità. E proprio per questo, fin dall’inizio, i Tourbillon sono sempre stati miniaturizzati, e quando i pezzi sono piccoli è complicato realizzare perfetti allineamenti e bilanciamenti. Anche Breguet, dopo aver realizzato alcune gabbie pesanti, comprese quanto fosse importante ridurne il peso, e così fece. Oltre a quanto ho illustrato, dobbiamo contestualizzare la complicazione alle capacità tecniche dei primi anni del 1800, e si capisce che solo un genio come Breguet aveva la capacità tecnico-organizzativa necessaria per realizzare questo meccanismo. Per tutto il 1800 la manifattura Breguet migliorò il Tourbillon con ottimi risultati; contemporaneamente anche l’evoluzione degli scappamenti e dei materiali portarono alla realizzazione di cronometri sempre più precisi, rendendo praticamente ininfluente l’uso del Tourbillon, che venne abbandonato. La necessità di reintrodurre accorgimenti per migliorare la precisione, soprattutto nei cronometri marini, portò alla fine del 1800 a reintrodurre il Tourbillon e, soprattutto, spinse le più importanti manifatture svizzere a studiarne nuove realizzazioni. Era nato l’Istituto per la Certificazione del titolo di “Cronometro”, riservato ad orologi particolarmente affidabili, e tra loro comparabili all’interno di un margine minimo di errore. Inizialmente i laboratori per i test erano solo in Svizzera, a Neuchâtel (dal 1866 al 1975), poi anche a Ginevra (dal 1873 al 1967). Le prove venivano effettuate dall’Ufficio Indipendente per il Controllo e la Certificazione (B.O.S.) e non riguardavano tutta la produzione, ma venivano fatte solo sui movimenti presentati dai produttori come “Capolavori”. Le specifiche dovevano rientrare in parametri che erano concordati tra le principali Case, ma soprattutto con la committenza, quasi sempre la Marina. Come ho anticipato, le migliori manifatture svizzere si misero immediatamente all’opera per produrre Tourbilloncronometrici sempre più sofisticati. La capacità di presentare modelli di Tourbillon sempre più eleganti e leggeri fu in qualche modo la misura stessa della capacità tecnica delle singole manifatture. In questo periodo erano poche le aziende in grado di produrre tali meccanismi, in Svizzera Brandt & Comp, Breting, Du Bois, LeCoultre, Favre Leuba, Albert Pellaton, Girard Perregaux, Ulysse Nardin, Patek Philippe, mostrarono le loro capacità tecniche realizzando piccole serie che poi vendevano ad aziende più blasonasonate (ad esempio Vacheron Constantin). Il fenomeno non poteva rimanere circoscritto alla Svizzera e alla Francia: avere strumenti sempre più precisi non era solo una questione di prestigio ma anche strategica, e ciò fu ben evidente allo scoppio della prima guerra mondiale. Così anche l’Inghilterra e la Germania incentivarono la ricerca e lo sviluppo sui Tourbillon, e spesso dietro le manifatture e i ricercatori c’erano i principali committenti (i governi). In Inghilterra i Tourbillon vennero inseriti nei cronometri dalla J.Dent, che già realizzava cronometri astronomici (quelli che erano stati usati per misurare la distanza Terra–Sole, in occasione del transito di Venere sul Sole), e dalla Smith & Son. In Germania è Lange & Söhne a Glashütte ad utilizzare la produzione della scuola di alta orologeria diretta da Alfred Helwig, che aveva perfezionato il “Tourbillon Volante” (cioè fissato da un solo lato) che avrete potuto osservare nel filmato 1. Siamo all’inizio della prima guerra mondiale, in molte nazioni erano stati realizzati orologi (spesso elettrici) di riferimento per gli osservatori astronomici, si iniziano a sperimentare sistemi inerziali di guida che utilizzavano la capacità di conservazione del momento angolare, tipica del giroscopio (inventato nel 1852), soprattutto nella guida delle bombe lanciate dalla neonata aviazione. Nasce una nuova sfida per la produzione di orologi e cronometri per i piloti degli aerei, ma questa è un’altra storia. Come ho già detto, oggigiorno sono pochi gli orologiai che conoscono e saprebbero intervenire sul meccanismo del Tourbillon, ma sarebbe meglio dire che, con l’arrivo degli orologi a basso prezzo e degli orologi al quarzo, sono rimasti ben pochi gli orologiai in Italia: secondo la principale organizzazione degli artigiani ne sono rimasti meno di 800 su tutto il territorio nazionale. Di questi, meno di cinquanta sono gli esperti veri in “meccanica fine”: l’informazione è attendibile e proviene da una delle più antiche forniture per orologiai di Roma. Ma di questo non c’è da stupirsi: chi acquista per migliaia di euro uno dei lussuosi misura-tempo che montano il Tourbillon, non porta il suo prezioso gioiello all’orologiaio sotto casa. Non sono all’altezza neppure i “centri di assistenza autorizzati”, che di solito sono abilitati per le riparazioni più semplici, per le altre e per le tarature sofisticate il meccanismo deve essere spedito alla Casa di produzione. Anche le scuole di formazione e specializzazione non sono in grado (mancano le apparecchiature) di fornire le necessarie capacità: queste complicazioni hanno bisogno di lunghi periodi di formazione aziendale (con le conoscenze e le attrezzature aziendali) prima di ottenere dal produttore la qualifica necessaria ad operare sullo specifico movimento. Per spiegarmi con un esempio: il “meccanico” in grado di intervenire per tarare o riparare uno qualsiasi dei moderni Tourbillon è, rispetto ai normali orologiai, come un pilota “Top Gun” del più sofisticato aereo supersonico rispetto ad un aereomodellista. Senza nulla togliere agli aereomodellisti che a volte sono ottimi piloti di aerei veri. I sistemi di produzione di questi meccanismi preziosi si sono evoluti ma sono rimasti sempre a livello di “sofisticata manifattura”: le ore di lavoro per produrre uno dei sofisticatissimi orologi moderni sono impressionanti, si arriva addirittura ad un anno intero per ciascun pezzo, e con le varie complicazioni in alcuni casi si arriva ad avere oltre 1000 componenti per ogni orologio. Certo, siamo nel mondo del lusso, ma non è solo lusso, ed alcuni si chiedono: a che cosa serve tutto questo? Considerate che un buon meccanismo al quarzo è in grado di eguagliare, o superare, le prestazioni di questi “mostri”. A mio giudizio è il desiderio di migliorarsi e di sfidare l’impossibile a spingere un signore come Nicolas G. Hayek ad ottenere nel 2005 l’autorizzazione ad usare il legno della quercia preferita da Maria Antonietta per realizzare la custodia per la copia dell’orologio della sventurata regina. La copia che con giusto orgoglio esibisce dalle pagine del sito ufficiale della “Montre Breguet”, (www.breguet.com/en). Nicolas G. Hayek ha tutta la nostra ammirazione, ma per la sua passione meriterebbe la gratitudine di tutto il genere umano, per il “segno” che lascia con la produzione dei suoi gioielli tecnologici. Dico questo con cognizione di causa: mi ritengo un tecnologo che quando vede un meccanismo non si chiede se si romperà, ma quando si romperà! Con la piena coscienza della “caducità” di ogni meccanismo, anche del migliore. Quindi in un movimento non considero solo il numero dei componenti o delle complicazioni, anche se sono impressionanti le elaborazioni di ultima generazione, con pezzi ottenuti da apparecchiature laser e selezionati da computer dedicati con metodologie sempre più sofisticate, ed ammiro la “semplicità difficile da ottenere” di pezzi d’arte come quelli della Montre Breguet. Anche lo sviluppo tecnico, negli ultimi anni è un vero “tourbillon”: già oggi moltissimo è cambiato nello studio della fisica, della matematica e ancora di più nelle applicazioni industriali; per quello che ho potuto verificare, la mia generazione è l’ultima che ha “perso tempo” a capire come le cose funzionano, dalle valvole ai transistors ed agli oscillatori molecolari; oggi il tempo dei giovani tecnici e ricercatori è dedicato a sviluppare modelli, spesso solo in forma digitale, su cui simulare la sperimentazione di nuove applicazioni. È più un lavoro di equipe che da orologiaio, al posto del meccanico ora c’è “l’art director” che deve collaborare con l’esperto in metalli e leghe, con l’esperto di tecnologie operative e con il “semplificatore” che ha il compito di industrializzare il progetto. Spesso è costui ad avere l’intuizione geniale, e che deve utilizzare quello che già esiste per produrre una nuova macchina. Certamente anche l’aspetto “artistico” contribuisce ad affascinare chi osserva le ultime elaborazione sulla tecnica dei Tourbillon. Personalmente sono ammaliato e invidio l’equipe che è riuscita a realizzare un movimento con quattro “gyrotourbillon” posti in differenziale, o chi ha ideato il doppio tourbillon differenziale su tre assi. Spero di riuscire a descriverli nei prossimi articoli. Ho trovato su YouTube presentazioni capaci di trasmettere questa affascinazione, e sono ben felice di segnalarvele (filmati 2,3,4). Attenti però a non innamorarvene troppo: sono veri capolavori, come erano quelli che gli artigiani di ogni categoria erano obbligati a presentare alla Corporazione delle Arti e dei Mestieri: un Capo Lavoro (primo lavoro) capace di mostrare le loro eccellenze e conoscenze, per essere ammessi comemaestri nella professione. Il prezzo di questi gioielli è solo nominale, siamo nell’ordine di centinaia di migliaia di euro ad orologio. Poiché siamo tra quelli che non se li possono permettere, speriamo, con la collaborazione delle manifatture che li hanno prodotti, di riuscire ad illustrarveli tecnicamente. Un’ultima notazione permettetemela sui movimentiTourbillon Cinesi, spesso inseriti nelle finte copie di orologi prestigiosi. Proprio questa complicazione prevede (per giustificare la sua presenza) un lavoro di manifattura e di taratura ancora impossibile per l’industria cinese, ma non è da escludere che tra qualche tempo possano essere proprio le manifatture cinesi o indiane a fornire i componenti pre-assemblati per le grandi case di orologeria svizzera. Senza voler entrare in ambiti legali, oggi i Tourbillon cinesi dal punto di vista estetico hanno un bell’aspetto, ma gli orologi che li montano non ne traggono grande vantaggio dal punto di vista della precisione. Nella storia dei movimenti per orologi e delle complicazioni il prossimo passaggio sarà riservato all’immediato successore del Tourbillon: il “Carosello” non così efficace dal punto di vista tecnico, ma estremamente più facile da realizzare e che per motivi commerciali è spesso spacciato per tourbillon ed è presente in milioni di orologi, anche di qualità non eccelsa. Parlare dell’evoluzione dei movimenti a tourbillondopo le meraviglie prodotte da giganti del calibro di Bre-guet, Vacheron Constantin, LeCoultre, Patek Philippe o della scuola di Alfred Hel-wig a Glashütte, è in parte come fare il critico d’arte e d’altra parte come osservare l’evoluzione della natura, in questo caso del genio tecnologico. Come scriveva nel 1986 il biologo evolutivo Richard Dawkins nel suo volume The Blind Watchmaker (L’orologiaio cieco): ” … l’evoluzione è cieca, non vede d’innanzi a sé, non pianifica nulla, come un maestro orologiaio, ha prodotto risultati di straordinaria efficacia e precisione, organi perfetti e funzioni raffinate in un crescendo di complessità … affascinanti proprio nella loro semplicità. …”. Ed è questo che si scopre osservando quanto hanno fatto e ancora oggi fanno i grandi maestri orologiai. Ricordo che il tourbillon “originale” venne inventato da Abraham-Louis Breguet alla fine del 1700 e brevettato nel 1801 e aveva il preciso scopo di correggere un errore di regolazione allora insanabile: quello dovuto al fatto che nei sistemi a bilanciere con molla oscillante lo spostamento del meccanismo portava allo spostamento del baricentro dall’asse di rotazione, con la necessità di una nuova regolazione. Lo spostamento del baricentro si era aggravato con l’introduzione dei sistemi di compensazione termica che in qualche modo appesantivano la ruota del bilanciere. L’obiettivo di Breguet era quello di creare uno strumento preciso per misurare il tempo. Oggi la miniaturizzazione dei componenti, la tecnologia di costruzione delle molle, lo sviluppo della metallurgia applicata all’orologeria hanno reso ininfluenti, sulle regolazioni, gli spostamenti del baricentro, e per questo il movimento a tourbillon è diventato un esercizio tecnico, una dimostrazione delle capacità produttive delle differenti Maison. Proprio qualche giorno fa mi sono trovato a dissertare con un amico sul ruolo degli orologi meccanici da polso nella nostra epoca che è quella dei computer. Su una cosa eravamo pienamente d’accordo: i misuratempo da polso elettronici oggi fanno quasi tutto, ricordano gli appuntamenti, registrano le conversazioni, alcune volte fanno da telefono portatile, spesso sono veri e propri microcomputer, e in aggiunta a questo sono precisi al secondo perché aggiornati via radio dagli orologi campione dell’ I.N.RI.M. (Istituto Nazio-nale di Ricerca Metrolo-gica), come l’Istituto Gali-leo Ferraris di Torino. Proprio per questo gli orologi da polso meccanici hanno perso il loro ruolo primario di precisi misuratori del tempo: sono da considerare opere d’arte, gioielli da esibire con orgoglio, spesso come status symbol. In questa realtà il ruolo del movimento a tourbillon e della sua evoluzione è esemplare: da un lato la ricerca, la meccanizzazione delle produzioni che hanno permesso ingegnerizzazioni impensabili qualche anno fa, con produzioni industriali di estrema raffinatezza. Dall’altro lo sviluppo della ricerca come fiore all’occhiello di artisti dell’orologeria in grado di dedicare ed investire decine di anni di ricerca sulle nuove evoluzioni dei loro movimenti. Il “Carousel” rappresenta bene il primo aspetto di questa possibile evoluzione, quello della ingegnerizzazione del movimento per produrre industrialmente orologi sempre più precisi. Pochi sanno che nonostante l’impegno dei grandi personaggi che ho citato come produttori di movimenti a tourbillon, le difficoltà tecniche legate soprattutto all’assemblaggio dei componenti e alle regolazioni hanno limitato a piccole serie la realizzazione di orologi con questo movimento: i tourbillon, per i loro elevati costi, non vennero mai usati nei campi in cui maggiore era la richiesta di orologi precisi: quello militare e quello scientifico. Questo almeno fino al 1892, anno in cui il danese Bahne Bonniksen ottenne a Londra il brevetto 21421 per una sua elaborazione del movimento a tourbillon che chiamò “Karussel” Come ho già avuto modo di dire, i problemi principali da superare erano due: realizzare un movimento robusto e facilmente assemblabile, e contemporaneamente fare in modo che questo movimento fosse di facile regolazione e non soggetto alla posizione. A fine 1800 il sogno della nascente “industria” moderna dell’orologeria era quello di riuscire aconciliare la precisione svizzera con la produzione in catena di montaggio già da qualche anno in funzione negli Stati Uniti D’America. Siamo negli anni in cui Florentine Ariosto Jones, che era andato a Le Locle alla ricerca di un posto dove impiantare un’industria di orologeria svizzero-americana, si fa convincere da Heinrich Moser e dai suoi soci ad utilizzare l’energia della centrale idroelettrica di Schaffhausen. Schaffhausen o come diciamo noi Sciaffusa, da tranquilla cittadina si era attrezzata, proprio dietro la spinta di Moser, per diventare un importante centro industriale, e così il signor Florentine Ariosto Jones fondò, proprio a Schaffhausen, l’International Watch Company (IWC) che secondo la sua idea doveva appunto conciliare la capacità produttiva americana con la precisione e la classe svizzera. Il secondo aspetto ricercato dagli industriali produttori di orologi era quello della precisione e della facile regolazione dei movimenti. Ancora oggi i movimenti che hanno il compito di esser precisi vengono regolati di solito in 5 posizioni, verificando le differenze che devono essere contenute entro i valori prescritti nei capitolati di collaudo. Le posizioni classiche sono: con quadrante in alto, in basso, in piedi sul sei, in piedi sul nove e in piedi sul tre. Queste regolazioni erano di difficile esecuzione prima dell’introduzione del movimento a tourbillon: le buone mediazioni che si ottenevano erano frutto di un lungo lavoro di taratura su ogni singolo movimento prodotto. Abbiamo visto che iltourbillon non poteva essere realizzato in serie per la difficoltà di produzione e di assemblaggio dei suoi componenti. Nel nuovo movimento brevettato da Bonniksen le cose erano diverse: il bilanciere rotava su se stesso assieme allo scappamento, ma i componenti erano simili a quelli dei comuni orologi (già prodotti in serie nei “Dollar Watch”). Lo stesso nome Karussel ha un’origine materiale, lontana da quella filosofica del nome dato da Breguet al suo movimento: a chi lo guarda con attenzione questo meccanismo sembra quello di una giostra (figura 1). Non c’è la leggerezza e la bellezza dei movimenti a tourbillon classici e molti tra i grandi orologiai lo snobbarono, ma come ebbe a dire Alfred Helwig, commentando il movimento di Bonniksen: “ … qualche collega più anziano potrebbe a buon titolo arrabbiarsi nel vedere questa cosa, anche solo in fotografia, … ma comunque è un tourbillon”. (figura 2). Questi movimenti erano robusti ed affidabili, ma a differenza del tourbillon di Breguet compivano un giro ogni 52 minuti e ½ , quindi anche l’errore veniva compensato solo ogni 52 minuti e ½ . Quest’arco di tempo venne poi ridotto, nelle successive versioni, fino all’attuale minuto. Nonostante queste limitazioni gli orologi con il “carosello” vennero subito prodotti dai migliori artigiani svizzeri e inglesi e, grazie alla loro precisione e affidabilità, vinsero molte volte il primo premio nelle competizioni annuali organizzate dall’osservatorio di Kew (Londra), riconoscimenti che suscitarono l’interesse e l’invidia dei migliori produttori dell’epoca. Nei primi anni del 1900 in Gran Bretagna vennero depositati nuovi brevetti di caroselli, ma anche in Germania Lange & Söhne presentarono nel 1901 una loro variante ancora più robusta e con un bilanciere che era tornato grande. Lange & Söhne realizzarono un centinaio di pezzi con la ruota del bilanciere e quella dello scappamento in oro. Il loro brevetto piacque a Bonniksen che lo acquistò e avviò una produzione di centinaia di orologi a carosello (con la modifica introdotta da Lange & Söhne) su richiesta della Marina Reale Inglese (figura 3). La sfida a produrre movimenti a carosello economici era iniziata e i risultati non tardarono ad arrivare. Nel 1907 il Waterbury Tourbillon costava meno di cinque dollari americani al pezzo (figura 4). Il prezzo esatto era di quattro dollari e settanta, e rappresentava un terzo della retribuzione media settimanale di un apprendista o di un operaio non specializzato. Tutto questo anche grazie alla produzione di serie di parte dei componenti e all’introduzione del movimento a carosello negli orologi economici americani, che ne trassero gran giovamento migliorando le loro prestazioni. Di questi orologi vennero venduti quasi due milioni di pezzi. Siamo al superamento dell’idea di Roskopf che voleva che i suoi orologi costassero, (al massimo) come l’equivalente di una settimana di lavoro di un operaio non specializzato. Negli Stati Uniti d’America i primi anni del 1900 erano gli anni dello sviluppo che seguivano la crisi economica che aveva interessato soprattutto il mondo della finanza tra il 1873 e il 1875. L’industria del lusso cresceva in ragione della crescita stessa dei salari e questo andrà avanti fino al 1927, e solo nel 1929 ci fu un arresto brusco e una successiva svalutazione del dollaro sul mercato finanziario internazionale. In Italia tra il 1900 e il 1910 il potere d’acquisto si manteneva stabile: secondo le tabelle ISTAT il potere di acquisto di 1000 lire italiane del 1907 era l’equivalente del potere d’acquisto di quasi 6.000.000 di lire del 2000, e il cambio lira-dollaro era tale che per un dollaro USA si ricevevano 5,5 lire italiane. Ho scoperto con stupore che rapportando all’anno 2000 il potere d’acquisto del salario di un apprendista o di un operaio non specializzato americano questi poteva disporre di oltre due milioni di lire al mese, mentre in Italia negli stessi anni un operaio aveva solo un settimo di quei soldi (l’equivalente di un potere d’acquisto rapportato al 2000 di 300.000 lire). La crescita di liquidità portò il mercato americano al centro dell’attenzione dei grandi marchi internazionali del lusso. Gli Stati Uniti vennero inondati da movimenti Longines ed Omega e da orologi svizzeri di classe del calibro di Vacheron Constantin e Cartier. Questo decretò la graduale riduzione della produzione e del mercato degli orologi super economici e la richiesta di movimenti sempre più precisi. Il carosello era la soluzione. Permettetemi ora di mostrare e spiegare le differenze principali tra i Tourbillon e il Carousel. Una prima differenza sta nel diverso peso del movimento: le masse da spostare sono diventate maggiori nel carosello e così alcuni produttori optarono per un bariletto più grande e una molla più lunga e con una forza maggiore, se non addirittura per due bariletti, e questo rese ancora meno critico il movimento. Di fatto era un passo indietro rispetto all’idea di Roskopf che riduceva i pezzi per rendere gli orologi più affidabili e allo stesso tempo economici, ma la scelta era condivisibile: anche se come vedremo il carosello ha almeno una ruota in più rispetto al tourbillon classico, la sua robustezza compensa ampiamente il possibile maggior rischio di rottura dovuto al pezzo in più. Chi ha qualche conoscenza di meccanica sa bene che se si aumenta la complessità del sistema si aumenta anche la possibilità di avere guasti o rotture, ma non in questo caso: i ruotismi nel carosello sono tornati robusti e massicci e quindi la loro usura è trascurabile e le rotture sono limitate ad incidenti o a cattiva manutenzione. Le immagini sono in questo caso molto utili alla comprensione, la più esplicativa tra quelle che ho trovato rappresenta un disegno realizzato da David Penney (figura 5), che racconto in poche parole: il bilanciere con la ruota dello scappamento e la forcella è montato su una specie di platina che a sua volta è una ruota dentata; questo gruppo, che sostituisce la gabbia del tourbillon, a volte è inserito in un foro della platina, altre volte è una specie di contro-platina. Nei primi modelli la ruota del bilanciere era piccola e quindi leggera, e solo a partire dalle modifiche di Lange & Söhne la dimensione della ruota tornerà normale, senza ridurre la facilità di regolazione del movimento. Questa specie di gabbia riceve l’energia dalla ruota intermedia, tramite una ruota di trasmissione (il pezzo in più necessario al carosello), e la trasmette alla ruota dei secondi (che nel tourbillon è solidale con la gabbia), la ruota dei secondi trasmette l’energia alla ruota dello scappamento. Il sistema costituito dalla ruota dello scappamento, ancorina e bilanciere regola il tempo e ritrasmette il moto alla gabbia che è incernierata con la ruota centrale, quindi al perno centrale. Mi rendo conto che in questo caso la descrizione è più complicata del meccanismo. Seguire il flusso dell’energia nelle singole parti del movimento è un metodo che gli orologiai imparano per verificare attriti nascosti, dovuti a corpi estranei, rubini spezzati o più spesso a perni piegati dopo un urto, ma chi non è abituato a seguire il flusso dell’energia può trovare complicata la mia descrizione, per dirla con il Poeta : … trasumanar significar per verba /non si poria; però l’essemplo basti /a cui esperïenza grazia serba… Oggi anche il movimento a carosello, come quello a tourbillon, ha perso la sua funzione primaria, quella legata alla precisione, acquisendo una nuova valenza estetica che sarebbe risultata inimmaginabile ad Alfred Helwig; un’antica Maison come la Blancpain, che dal 1735 produce orologi di lusso e di grande classe, ha progettato e messo in produzione movimenti a carosello che hanno un aspetto simile altourbillon sospeso prodotto dalla scuola di Helwig (figura 6). Questo movimento venne commissionato a Vincent Calabrese nel 1989, con lo scopo di realizzare un movimento sottile ma anche affidabile ed elegante. In questo carosello Blancpain il bilanciere e la ruota dei secondi, ed anche il centro della ruota del carosello, sono coassiali e la gabbia compie un giro al minuto, proprio come nei classici tourbillon. È tornata la leggerezza e l’eleganza del movimento che è inserito in orologi che passeranno alla storia (figura 7 ). Sempre la Blancpain ha realizzato un filmato, che vi invito a vedere, sulle differenze tra iltourbillon e il suo carosello (l’indirizzo del filmato è http://www.youtube.com/watch?v=9FzXOeSTahU). In questo video inizialmente si vede la differente composizione dei due movimenti proprio nella logica del flusso dell’energia potenziale immagazzinata nella molla del barile e la sua trasformazione in energia cinetica. Nel movimento Blancpain la ruota centrale è più grande e spinge la ruota dei secondi che a sua volta alimenta la ruota dello scappamento, ed è sempre questa grande ruota centrale che spinge una seconda ruota intermedia, che, con una doppia ruota, alimenta la rotazione della gabbia. La parte relativa alla regolazione del tempo, e cioè la ruota dello scappamento, l’ancorina ed il bilanciere, costituiscono il classico scappamento ad ancora. Nell’ultima parte del filmato è possibile osservare la differenza tra i due “gruppi di controllo” (le due gabbie) Naturalmente si notano le ruote in più (che nel movimento a carosello della Blancpain sono ben tre) ma è anche evidente la maggior robustezza della gabbia che esteticamente ricalca il tradizionale tourbillon. Tenendo conto dell’esigenza di semplificare, che secondo “l’orologiaio cieco” dovrebbe essere alla base dell’affascinazione, la Blancpain nei suoi movimenti usa una ruota di più, una specie di ridondanza. Questo accorgimento migliora l’affidabilità del movimento in modo sostanziale, ed anche la sicurezza del funzionamento in differenti situazioni di carica e di sollecitazione costituisce un valore, inoltre è proprio grazie a questi ruotismi che si ottiene un giro della gabbia ogni minuto. Tra il movimento a carosello e il tourbillon le differenze tecniche, nonostante la grande capacità della Blancpain, rimangono, e nel prossimo articolo scopriremo insieme le elaborazioni estreme del movimento a tourbillon e in qualche modo i limiti dell’orologeria meccanica.